TRE MINUTI PER ME, PARECCHIO TEMPO PER ME
Come difendersi dalla piaga delle recensioni false o denigratorie sul web.
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LE RECENSIONI FALSE: PROBLEMA DIFFUSO.
– Non sapevo di gestire uno dei peggiori bar di Caracas –
Prendiamo un tale, albergatore, ristoratore o altro riempitore di camere, pance o quel che sia. Costui con la fatica e l’impegno quotidiani avvia una buona attività. Oppure, egli semplicemente prosegue col corretto fare di sempre il proprio già ben avviato mestiere, che ha sempre funzionato. Così van le cose, coi normali alti e bassi, finché con grande sorpresa un bel giorno quel tale scopre il misfatto. Cioè il nostro brav’uomo quella mattina scopre la recensione scritta in non più di tre minuti che lo stronca malamente su un sito quale Tripadvisor. Visto poi che la rete pare per sua natura favorire la viralità, una recensione negativa chiama l’altra, magari sospinta dal dolo dei concorrenti o comunque senza alcun ragionevole motivo. Si pensi a questo proposito all’escalation folle che ha visto protagonista la pizzeria “Comet Ping Pong” a Salisbury, North Carolina, a causa di c.d. fake news.
Perciò, di punto in bianco, la rispettabile attività vede rovinata la propria immagine o addirittura inizia a perdere clienti. Insomma, è il problema (purtroppo noto agli esercenti) delle recensioni false sul web.
– Mi riconosco nel problema. Che fare? –
Vero è che spesso un po’ di autoironia e prontezza di spirito cavano d’impaccio (consiglio a tal fine di cercare in Google “risposte divertenti Tripadvisor”). Però ciò non sempre basta. Magari, poi, l’immagine commerciale della propria attività non si intona con le scaramucce verbali da cabaret. Dunque, a quel tale di cui stiamo parlando non resta che ragionare su come tutelarsi dal punto di vista legale.
Fortunatamente, infatti, benché si tratti di dinamiche abbastanza nuove, il diritto offre già ora significative forme di tutela.
LA NATURA DEL PROBLEMA: GRANDE DANNO CON PICCOLO SFORZO.
– Con il web è tutto diverso –
Dal punto di vista giuridico quello di fondo è un problema abbastanza classico. Si fronteggiano libertà d’espressione (art. 21 Cost.) di Tizio da un lato e “decoro”, “reputazione”, “immagine”, eccetera di Caio dall’altro. In questo apparentemente non vi è grande differenza da quanto sempre accaduto finora nei Tribunali nel decidere di casi, ad esempio, di lamentata diffamazione a mezzo stampa. In realtà, però, il problema è assai più complesso.
– Il grande potenziale lesivo di internet –
Cioè, piattaforme quali Tripadvisor paiono avere un potenziale lesivo molto maggiore. Infatti, a scrivere sono tanti utenti (“privati cittadini” e non immediatamente rintracciabili), che giudicano esperienze che si presumono esser state realmente vissute: chi scrive è uno di noi. Ciò rende le valutazioni estremamente credibili agli occhi di chi legge, pur laddove si tratti di recensioni false. Inoltre, notoriamente le recensioni esistenti influenzano le successive. Poi la stessa natura dei servizi recensiti aggrava la situazione poiché fa sì che il potenziale cliente voglia andare sul sicuro. Insomma il lettore scarta spesso abbastanza velocemente, a parità di prezzo, le attività con valutazioni medie o medie-basse, senza lasciar loro alcuna possibilità di provare concretamente il proprio valore.
– L’assenza di adeguati bilanciamenti –
Ebbene, il grande potere di tali piattaforme non è bilanciato da altrettanta responsabilità dei recensori. Questi anzi sul web tendono a lasciarsi andare con grande prolificità a giudizi a dir poco capricciosi semplicemente perché (a loro errato avviso) possono. Se a ciò, poi, si aggiunge che spesso e volentieri salta fuori pure il concorrente disonesto (magari aiutato da numerosi dipendenti) autore seriale di recensioni false e denigratorie, che purtroppo altrettanto spesso sfuggono ai controlli automatici di Tripadvisor e simili, allora il triste quadro delineato con completezza.
PRENDERE IL TORO PER LE CORNA: LA LIBERTA’ ALTRUI INIZIA DOVE FINISCE LA MIA.
– Il caso Tripadvisor –
Stare a guardare non è una gran soluzione, visto che, a ben vedere, è possibile reagire in maniera abbastanza efficace.
E’ vero, come chi ha seguito la vicenda saprà, che il Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 13-07-2015, n. 9355) ha infine annullato il provvedimento dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato che aveva “bacchettato” Tripadvisor. Tuttavia, con tale sentenza il TAR si è limitato semplicemente ad escludere che ricorresse la violazione di ben specifiche norme (cioè, essenzialmente, l’esistenza di una pratica di messaggi pubblicitari “ingannevoli” da parte di Tripadvisor stessa). Il TAR non si è invece certo spinto a legittimare le stesse recensioni false e quindi ingiustamente pregiudizievoli, né ad escludere qualsivoglia tutela.
– Le condizioni contrattuali –
Infatti, resta ben possibile tutelarsi dal punto di vista legale da simili abusi. In particolare, ritengo opportuno seguire un “pattern” che permette di procedere per gradi, in tempi relativamente brevi, limitando i costi al minimo indispensabile.
Innanzitutto, non bisogna dimenticare una cosa semplice ma quasi mai considerata dai più: quelli che Tripadvisor e siti simili concludono coi propri utenti sono a tutti gli effetti contratti, con le proprie clausole “sottoscritte” (informaticamente) dalle parti. Perciò, la prima e più immediata tutela consiste nello studiare le condizioni di servizio predisposte dallo stesso gestore del sito e contattarlo per segnalare, clausole alla mano, potenziali violazioni delle stesse realizzate da parte della recensione incriminata. Per esempio, l’utilizzo di alcune parole o di certi toni è espressamente vietato pure da tali regole contrattuali.
– La tutela a norma di legge –
In secondo luogo, qualora ciò non bastasse, bisogna comunque anche ricordare che di quel contratto l’albergatore, il barista, il ristoratore o quel che sia non è affatto parte. “Parti” di quel contratto sono solo il gestore del sito stesso e chi vi pubblica la recensione. Ciò significa che l’imprenditore non è affatto tenuto a subire a capo chino gli effetti delle recensioni false e/o denigratorie, le quali peraltro oltre certi limiti non sono più tutelate quali espressioni del (presunto) esercizio del diritto di critica. Infatti, se ne può ben richiedere formalmente la rimozione:
1) o per falsità “ideologica” (cioè, ad esempio, la recensione falsa è tale perché scritta da qualcuno che non è stato realmente cliente in quel periodo o perché accusa di un fatto in realtà mai avvenuto);
2) o per “incontinenza” del modo in cui è stata espressa la valutazione (cioè il giudizio, benché magari “genuino”, è espresso con toni eccessivi ed offensivi).
– Documentare la situazione –
Nel richiedere tale rimozione, poi, ritengo opportuno documentare già al meglio delle proprie possibilità l’eventuale falsità della recensione. Ad esempio, si possono allegare i documenti da cui risulta che in quel periodo il locale era chiuso o che la stanza della quale si è lamentato il cliente non esiste o che non poteva essere cattivo il salmone visto che nell’inventario non c’è mai stato, eccetera. Magari, poi, si può già corredare il tutto con eventuali dichiarazioni firmate di persone a conoscenza dei fatti.
Ciò non va visto come uno scoprire le carte o un rivelare le proprie mosse, bensì avrà il duplice effetto di persuadere maggiormente il gestore del sito (magari così risparmiandosi un’evitabile azione in giudizio) e di rendere meno difendibile la sua eventuale inerzia. Insomma, così facendo potrà poi risultare più facile accertare in un eventuale giudizio la sua diretta responsabilità per tale danno, in concorso con l’autore della recensione.
– La tutela giudiziale –
Solo ove anche di fronte a tale segnalazione il gestore del sito di recensioni restasse inerte, non rimarrà che ricorrere alla tutela giudiziale vera e propria.
In particolare, rincuorerà gli imprenditori recensiti e recensendi sapere che poco tempo addietro è stato espressamente riconosciuta dal Tribunale di Venezia, con ordinanza del 24-02-2015 la tutela di cui all’art. 700 c.p.c. per casi analoghi di recensioni false sul web. Si tratta di un provvedimento dai tempi alquanto rapidi, che ordina l’immediata cancellazione della recensione incriminata (in quel caso l’autore millantava frequentazioni abituali di un ristorante, denigrandolo, tant’è che già in passato la sua recensione era stata rimossa).
In questo modo, quindi, il danneggiato si può rapidamente cautelare di fronte ad un altrimenti inevitabile perpetrarsi del danno, nell’attesa che abbiano corso i più lunghi “ordinari” procedimenti civili ed eventualmente penali volti ad accertare le responsabilità del caso e a riconoscere gli eventuali risarcimenti dei pregiudizi patiti.
Peraltro, la citata sentenza ha espressamente adombrato una possibile dichiarazione di responsabilità di Tripadvisor stessa per i contenuti scritti dagli utenti sul suo sito.
Insomma, in conclusione, ritengo che l’imprenditore che si impegna con cura nel suo mestiere possa stare un po’ meno in pena, poiché sì il cliente ha sempre ragione … purché non abbia torto marcio!
Per rapidi approfondimenti suggerisco:
– sentenze e provvedimenti:
1) Trib. Venezia Sez. III, Ord., 24-02-2015;
2) T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 13-07-2015, n. 9355;
3) AGCM, PS9345, 19/12/14;
– articoli:
1) Blasco B., Falsità della recensione in internet, astroturfing e scorrettezza delle pratiche commerciali, in I Contratti, 2/2017, p. 232;
2) Gelli R., False recensioni su Tripadvisor: accolta l’azione inibitoria promossa dal ristoratore diffamato, in Corriere Giuridico, 1/16, p. 78.
alberto lodi says
Mi sembra che questo recente orientamento giurisprudenziale sia pienamente condivisibile. Finalmente, infatti, si comincia ad intaccare quella sfera di impunità che pare contrassegnare gli utenti della Rete, che pensano di poter scrivere tutto ciò che vogliono senza doverne mai affrontare le conseguenze.
In simili casi, peraltro, si tratta di offese e falsità che non ledono semplicemente la reputazione delle attività commerciali che ne sono oggetto, pure importante, ma che rischiano concretamente di avere un incidenza reale sulla potenziale clientela e quindi sul fatturato delle stesse.
Per questo ben venga la possibilità di ottenere prontamente la rimozione dei contenuti ingiustamente denigratori con il procedimento di cui all’articolo 700 c.p.c.
La rimozione, invero, è senza dubbio la tutela più efficace, essendo invece la prova di aver subito effettivamente un danno sicuramente più complessa.
L’ideale poi sarebbe appunto che il gestore del sito, per evitare di concorrere nella responsabilità del recensore, si attivi per rimuovere le recensioni in questione, di proprio impulso o più verosimilmente su richiesta dell’imprenditore o commerciante interessato.
Chiaramente, però, penso che questo avverrà solo quando tale forma di responsabilità comincierà ad essere non solo adombrata, ma anche riconosciuta dalla giurisprudenza.
Ad ogni modo, si tratta di importanti passi avanti in un percorso che sarà in continua evoluzione.
Avv. Michele Mancini says
Il tema è infatti estremamente complesso e si inserisce nel dibattito sul grado di “libertà” che vogliamo riconoscere alla Rete per non tradirne la natura.
Le persone della nostra generazione sono cresciute con la speranza del progredire del Web quale luogo virtuale “aperto” e “di tutti”, ma oggi vi è un ampissimo utilizzo, con possibilità di accesso ad Internet un tempo impensabili, così da mettere spesso in crisi la compatibilità di quel modello con diritti e valori anche di grande rilievo. Ad esempio, è oggi troppo facile far trovare illegittimamente ampia diffusione a contenuti falsi, denigratori o comunque sensibili e riservati, senza che la vittima possa adeguatamente difendersi. Il semplice fenomeno della “viralità” dei contenuti sul web (spesso ritrasmessi senza farsi troppe domande) rende poi impossibile risalire ad un “colpevole” o comunque mettere in atto adeguate contromisure.
Concordo quindi sulla necessità di non creare sacche di impunità e sull’opportunità di una prevenzione a monte da parte di chi offre agli utenti la possibilità di pubblicare contenuti e commenti. Questo anche per non sovraccaricare le Aule di Giustizia e tenuto conto dei disagi che comporta intraprendere azioni in giudizio.
Chiaro poi che ciò deve avvenire cercando un ragionevole bilanciamento tra le esigenze, gli interessi ed i diritti dei soggetti coinvolti.
Si spera quindi che i Tribunali, diventando sempre più avezzi al tema, adottino orientamenti incisivi e costanti, così da produrre un auspicabile effetto deterrente e decidere senza troppi intoppi quando il danno è già stato fatto. Allo stesso modo, noi avvocati dobbiamo mantenerci adeguatamente informati, interessati alla materia e ragionevolmente propositivi nelle nostre difese visto che è proprio in questo momento che si gettano le basi di questo diritto pratico, in assenza di più specifiche indicazioni da parte del Legislatore.