ORDINANZE “CORONAVIRUS”: EFFETTI SUI CONTRATTI IN CORSO (PALESTRE, EVENTI, ECC.).
Alcune considerazioni circa gli effetti delle misure preventive relative al c.d. coronavirus sulle prestazioni contrattuali rese impossibili (accesso a palestre, cinema, eventi sportivi, ecc.).
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Come è noto le competenti Autorità stanno adottando misure preventive per limitare la diffusione del c.d. Coronavirus. Tra queste vi sono vari divieti di frequentazione di luoghi di aggregazione che, di fatto, hanno reso impossibili alcune prestazioni nell’ambito di contratti già conclusi.
Si pensi, ad esempio: all’abbonamento già pagato per tre mesi in palestra i cui corsi sono stati sospesi; al biglietto del cinema già acquistato per una proiezione annullata; all’evento ludico/sportivo cui ci si è già iscritti che non si terrà più, eccetera. Che fare in questi casi?
Analoghi problemi si pongono anche per i lavoratori: se il divieto impedisce di recarsi al lavoro, che diritti avrà il lavoratore? Gli è dovuta la retribuzione? Dovrà mettersi in ferie? Eccetera.
Con un breve commento a caldo (salve successive normative ad hoc) provo a delineare un piccolo quadro di alcuni effetti giuridici sui rapporti contrattuali in essere. Il tutto per fornire qualche indicazione pratica su come occorrerebbe per legge gestire alcuni risvolti problematici delle misure in questione, salva ovviamente l’opportunità che le parti coinvolte, in questa situazione di allerta da “Coronavirus”, orientino i propri comportamenti a reciproca correttezza e buon senso.
CORSI / EVENTI / ATTIVITA’ ANNULLATI
Innanzitutto, bisogna pensare a cosa accade per tutte le attività che erano ricomprese nell’ambito di un contratto a prestazioni corrispettive (in sintesi: in cui, in senso lato, pago per ricevere in cambio qualcosa) in cui abbiamo già adempiuto alla nostra prestazione (ad esempio: comprare il biglietto, pagare l’iscrizione, eccetera), ma la controparte (ad esempio: il cinema, la palestra, eccetera) non potrà più adempiere alla propria a causa delle misure di prevenzione relative al c.d. Coronavirus.
Salvo particolari norme di legge/contrattuali di senso difforme, nella generalità dei casi varrà il disposto degli artt. 1463-1464 c.c.. Si tratta verosimilmente di casi in cui la controparte non adempie per impossibilità sopravvenuta a lei non imputabile (e non ragionevolmente prevedibile). Perciò, i casi saranno due:
- impossibilità totale (ad esempio: l’evento era proprio quell’unico giorno colpito dal divieto) -> la parte impossibilitata ad adempiere non può chiederci la controprestazione e deve restituircela se noi l’avevamo già prestata. Ad esempio: il teatro dovrà restituirci il corrispettivo del biglietto;
- impossibilità parziale (ad esempio: mi sono iscritto in palestra per un anno e il divieto colpisce solo un mese) -> abbiamo diritto a pretendere una riduzione della nostra prestazione corrispondente alla porzione divenuta impossibile di prestazione della parte impossibilitata. Ad esempio: la palestra dovrà restituirci la parte di corrispettivo di iscrizione annuale corrispondente ai mesi non godibili.
IMPOSSIBILITA’ DI RECARSI AL LAVORO
Si auspica che verranno adottate misure ad hoc per disciplinare compiutamente queste fattispecie, visto che l’allerta da c.d. Coronavirus si colloca un po’ al di fuori dell’ordinario quadro delle emergenze cui è abituato il nostro sistema. Per ora, rifacendosi alla disciplina generale (salvo diverse integrazioni da parte di contratti collettivi specifici), possiamo delineare le seguenti ipotesi generali:
- sospensioni di attività lavorative per ordine dell’Autorità -> i casi in cui vi è un vero e proprio obbligo di sospendere certe attività lavorative a ben vedere sono casi di impossibilità non imputabile al datore di lavoro, il quale pertanto può legittimamente rifiutarsi di pagare le retribuzioni (ed i contributi). Potrà però eventualmente ricorrere un’ipotesi di cassa integrazione guadagni. Altrimenti, è opportuno valutare la concessione di ferie;
- quarantena obbligatoria del singolo lavoratore -> se il lavoratore viene dichiarato malato dal Medico, sarà in malattia (col conseguente consueto trattamento); altrimenti sarà assente giustificato (per ordine dell’Autorità), ma non in malattia, quindi apparentemente senza diritto alla retribuzione. Di nuovo in tali casi sarà opportuno valutare la concessione di ferie;
- sospensioni di attività/quarantene volontarie -> le precauzioni prese volontariamente non paiono rientrare nei casi di impossibilità oggettiva non imputabile. Perciò: se volontariamente (ma senza obbligo) il datore di lavoro lascia a casa i dipendenti deve retribuirli normalmente; se volontariamente (non per quarantena obbligatoria) il lavoratore sta a casa sarà assente ingiustificato.
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