Convocazione dell’assemblea condominiale: quale mezzo?
Qualche breve considerazione in tema di validità della convocazione dell’assemblea condominiale alla luce del mezzo utilizzato, con conseguenti ricadute sulla validità della delibera assembleare.
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L’IMPORTANZA DELLA QUESTIONE
Perchè è importante domandarsi quale sia il “mezzo” giusto per la convocazione dell’assemblea condominiale? E’ presto detto: perché sbagliando si rischia di pregiudicare la validità della delibera che sarà poi adottata in assemblea. Vediamo perché.
– Invalidità della delibera –
La Legge si preoccupa di far sì che ciascun condomino sia stato informato con congruo anticipo circa le questioni che si andranno a discutere in assemblea. Infatti l’assemblea dispone di considerevoli poteri e con le proprie delibere può incidere in maniera rilevante su vari fondamentali aspetti della vita condominiale.
Per questo motivo, nel caso di mancata o tardiva comunicazione della convocazione dell’assemblea condominiale all’interessato, la sanzione prevista è tutt’altro che mite. In altre parole, è oggi pacifico che ne debba derivare l’annullamento (ove efficacemente impugnata nei termini di Legge) della delibera assembleare illegittimamente adottata senza che l’interessato avesse potuto acquisire l’idonea conoscenza preventiva, secondo previsioni normative.
– Cosa prescrive la norma –
Concentrandoci su quanto qui in esame, al di là di alcuni contenuti necessari, la Legge prescrive la tempistica (almeno 5 giorni di anticipo rispetto alla data di prima convocazione) nonchè, oggi (in particolare dopo la riforma del 2012), pure la forma di tale convocazione dell’assemblea condominiale. Infatti all’art. 66, c. 3, disp. att. del Codice Civile si prevede che essa avvenga “a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano“. La norma non contempla attualmente altre forme.
– Il problema –
Qual è allora il problema che si pone oggi? Il problema è che in passato, prima della riforma del 2012, vigeva il principio della libertà delle forme. Ossia allora qualunque mezzo poteva andare bene, anche la comunicazione orale della convocazione dell’assemblea condominiale (purché il Condominio fosse poi in grado di dimostrare la data dell’effettiva comunicazione in giudizio, in caso di eventuali contestazioni).
Perciò in molti Condomini si erano create le più disparate prassi (affissione nella bacheca condominiale, email semplici, messaggi sms, eccetera), che però ora spesso confliggono con il disposto testuale dell’attuale norma. Infatti, come già detto sopra, oggi il Codice Civile menziona espressamente solo 4 mezzi, considerati garanzia di elevata sicurezza della “conoscibilità” della convocazione dell’assemblea condominiale.
La questione è perciò la seguente. Se un condomino impugna la delibera assembleare affermando di non aver ricevuto la tempestiva convocazione nelle forme di Legge, mentre il Condominio ribatte di avergliela inviata con qualche altro mezzo, allora la delibera sarà comunque valida oppure no?
I PRINCIPI IN CAMPO
La questione non è semplice ma si pone frequentemente, perciò si presta a generare notevole contenzioso nelle Aule di Giustizia. Proviamo perciò a vedere rapidamente quali sono i principi in campo.
– Non è la notifica di un atto giudiziario –
Innanzitutto, bisogna notare che non si sta parlando della notifica di un atto giudiziario. Perciò, salvo qualche isolato precedente (benché autorevole, quale una pronuncia di Cassazione del 2016), la giurisprudenza è consolidata nel ritenere inapplicabili le speciali norme che disciplinano le notifiche di atti giudiziari.
– La presunzione di conoscenza degli atti “recettizi”
La giurisprudenza è granitica nel ritenere quello ora in esame rientrante in una certa categoria di atti per i quali, una volta provato da parte del mittente che sono stati messi a disposizione presso il destinatario in una certa data, ciò basta per ritenere (salvo casi eccezionali) che egli ne sia stato portato a conoscenza a partire da quel momento. Insomma, ciò basta per far salvi i termini perentori previsti dalla Legge per il recapito di tali atti. Si tratta di una presunzione di conoscenza che si lega alla oggettiva conoscibilità dell’invio, nonché, in particolare, all’onere di controllare costantemente che cosa perviene al proprio domicilio (che sia esso quello “fisico” o quello “digitale”, ossia la PEC).
Ma come si sposa questo generale principio con il tenore testuale della norma sopra citata?
– Qualche cenno sulle posizioni in campo –
Alla luce di quanto sin qui esposto, bisogna innanzitutto notare che alcuni mezzi di invio particolarmente blandi oggi vengono quasi sempre dichiarati inidonei in sede contenziosa ai fini della convocazione dell’assemblea condominiale. Non è più ritenuto accettabile, per fare un esempio classico, la comunicazione orale fatta incontrando il condomino sul pianerottolo. Ma anche un’email semplice (non PEC) o una mera busta inviata con francobollo per posta ordinaria, vista la totale assenza di “ricevute” dell’avvenuto recapito al destinatario, sono da evitare.
Va detto, per completezza, che alcune sentenze ancora legittimano taluni mezzi di comunicazione laddove il condomino destinatario stesso avesse formalmente richiesto di ricevere l’invio tramite quelli. Si pensi a quando l’Amministratore di Condominio fa compilare al nuovo arrivato il modulo con cui gli domanda di indicare il mezzo mediante il quale egli intenda ricevere le future comunicazioni. Se l’interessato, in esso, scrive un indirizzo email ordinario, allora, secondo certe sentenze, andrebbe bene inviare il tutto a tale indirizzo, benché non contemplato dall’art. 66, c. 3, disp. att. c.c.. Ciò in quanto egli si sarebbe assunto la responsabilità di curarsi lui stesso di ricevere effettivamente (e di leggere) quanto speditogli via email.
Ma le questioni più spinose riguardano le spedizioni postali. Come abbiamo detto, l’articolo in esame usa la parola “raccomandata”, senza specificare se debba essere con avviso di ricevimento o se basti una raccomandata “semplice”. Ancora, nella norma nulla si dice circa i servizi postali privati, cioè non gestiti da Poste Italiane. Tali invii saranno idonei o no?
Esistono sentenze che, anche attingendo da altri settori (ad esempio dalle impugnazioni stragiudiziali in materia di diritto del lavoro), ritengono sufficiente pure una raccomandata priva di avviso di ricevimento. Ciò in quanto si potrebbe presumere che le Poste, una volta preso in carico un plico raccomandato (tra l’altro oggi tracciabile online) di norma poi lo consegnino effettivamente (nella data riferita). Vi è giurisprudenza di merito che ha ritenuto il principio valido anche per i servizi postali privati, poiché ammessi ad un certo punto da norme specifiche di legge.
Tuttavia esistono anche numerose sentenze di segno diametralmente opposto. Queste appaiono in crescita, nonché portatrici di indirizzi decisamente solidi in alcuni Fori (ad esempio Tribunale di Roma). Difatti, alcune pronunce ritengono che la raccomandata “semplice” non basti, perché, anche laddove si ritenga provato che il postino si sia presentato all’indirizzo in un dato giorno, comunque non vi sarebbe alcuna prova documentale che egli abbia anche effettivamente messo il plico a disposizione del destinatario, avvisandolo adeguatamente della disponibilità. Addirittura varie pronunce adottano ora l’argomento tranchant che dal tenore della nuova formulazione della norma si desumerebbe uno specifico intento del Legislatore. Egli avrebbe voluto prescrivere, sempre e comunque, l’utilizzo di soli mezzi aventi la stessa forza probatoria della raccomandata a.r.. Bisognerebbe perciò escludere ogni altro mezzo pure se formalmente accettato dal condomino con sua manifestazione di volontà pregressa.
CONCLUSIONI
Tirando le fila di questa brevissima sintesi, con cui si è voluto far comprendere il problema pur senza scendere in eccessivi tecnicismi, si possono trarre le seguenti conclusioni sul piano pratico in tema di convocazione dell’assemblea condominiale.
L’amministratore di Condominio farà bene, oggi, ad utilizzare sempre i soli specifici mezzi previsti dall’art. 66, c. 3, disp. att. c.c. onde prevenire impugnazioni (potenzialmente fondate) di delibere assembleari.
Il condomino scontentato dalla delibera, invece, in caso di mancato utilizzo degli specifici mezzi previsti dall’art. 66, c. 3, disp. att. c.c. per convocarlo in assemblea, dovrà tenere in seria considerazione l’opportunità di contemplare l’impugnazione della delibera in questione. Ovviamente dovrà attivarsi tempestivamente (30 giorni dalla conoscenza), trattandosi di ipotesi di annullabilità, quindi soggetta ad un termine perentorio per introdurre utilmente il giudizio.
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